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Manovra: se il “Diritto al licenziamento” cancella l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori

Manovra: se il “Diritto al licenziamento” cancella l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori
Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 21/08/2011

Lo Statuto dei lavoratori nasce nel 1970 e riporta "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento"

Le motivazioni che portarono l'Italia alla stesura di tale Statuto, sono da ricercare nella necessità impellente di regolamentare il mondo del lavoro in un periodo storico a cavallo fra il post fascismo e l'avvento della Democrazia che spazzò secoli di Diritti negati all'Uomo comune. Fino ad allora, il lavoratore si rivolgeva – addirittura – al "padrone", con le conseguenti asperità sociologiche che tale stato di assogettamento  poteva procurare.

E' bello leggere "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori" peccato poi, dover ammettere che all'atto pratico, e come spesso accade, le belle parole non vengono supportate dai fatti.

Ai giorni nostri, di questo importante documento, di dibatte spesso su un particolare articolo che è il 18 e riporta norme in relazione al reintegro nel posto di lavoro quando la sospensione non sia effettuata per giusta causa. Un Diritto costituzionalmente previsto a salvaguardia dei diritti di tutti i lavoratori.

In pratica: attualmente in Italia, grazie all'art. 18 che riporta alla Legge  604/66 (così come modificata dalla legge 108/90) il datore di lavoro più licenziare solo in caso si presentino – appunto – "giuste cause" che sono da riscontrare in "inadempienza o trasgressione da parte del lavoratore di gravità tale da compromettere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro, così da impedirne la prosecuzione anche temporanea. Il licenziamento in tronco, o per giusta causa, costituisce la massima sanzione da comminarsi per reprimere le infrazioni più gravi, nel rispetto del criterio di proporzionalità (previsto dall'art. 2106 del codice civile".

Punto. Chiaro ed equo.

Se tu cagioni danno all'impresa presso cui lavori, se tu col tuo comportamento causi problemi gravi, ecco che io – datore di lavoro – ho facoltà di licenziarti, esponendo le cause che mi hanno portato a questo gesto.

In ogni rapporto, umano o lavorativo, esistono regole. A volte date dal vivere quotidiano, altre da norme stabilite e sottoscritte. In questo caso, vi sono due protagonisti: datore di lavoro e lavoratore, che al momento di stipulare il contratto lavorativo, ne assumono ogni contenuto e "promettono" – controfirmandolo – di adempiere alle regole concordate. Cosa c'è di meglio?

Invece... Invece accade che, in queste ore di febbrile stesura di una nuova Maxi Manovra che più che riparatrice appare coercitiva e vessatoria, qualcuno parli di "Diritto al licenziamento", frase già di per se anomala e che non promette nulla di buono.

Il "Diritto al licenziamento" porrebbe la parola "Fine" al Diritto del lavoratore ad essere reintegrato  in caso non sussistano "giuste cause" al licenziamento stesso. Il datore di lavoro, con questo escamotage, tornerebbe ad avere diritto decisionale assoluto sul futuro dei propri lavoratori, decidendo – senza alcun vincolo normativo – se e quando licenziare. E quanti, licenziarne.

Nell'idea del legislatore, una sorta di "aiutino" alle imprese in tempi di crisi economica, che in questo modo potrebbero "liberarsi" di tutta quella "zavorra" chiamata Dipendenti, senza dover far altro che inviare la lettera di licenziamento. Con tanti saluti. Senza Diritto di Replica.

Una mostrosità. Una ulteriore aberrazione dei Diritti socio economici e civili nel nostro Paese.

Ma come: c'è la crisi. Mancano progetti per lo sviluppo. Nessuno pensa che – parallelamente alla stesura della ennesima Manovra ammazza Italia – bisognerebbe pensare a come affrontare la rinascita della nazione agevolando l'Economia interna e si fa invece in modo che la gente possa perdere il lavoro senza se e senza ma?

Sorge un dubbio: che Marchionne sia in qualche modo l'ideatore  di una simile possibilità. Con l'avvilente ricondizionamento dei Diritti degli operai Fiat in Italia, ha gettato le basi ad una nuova Era nel mondo del lavoro ed in quello delle norme ad esso applicabili. Pensando però solo ai Diritti dell'Impresa. E facendo tornare indietro di un secolo buono i lavoratori Italiani.

Se verrà riconosciuto il "Diritto al licenziamento" avverrà un genocidio. Una bomba lanciata sulla folla. Un dispetto. Una cattiveria. E persino, un autogoal: a cosa servirà la Manovra se poi la Nazione non sarà messa in grado di alimentare i consumi "grazie" ad ulteriori perdite di posti di lavoro?

Graditissima – sarebbe – una risposta esaustiva e chiara, da parte di chi questa Nazione, la sta gettando nel baratro più buio. Con buona pace di chi pensa ancora, che mettere qualche pezza a colori su uno dei debiti pubblici più alti del mondo – siamo al terzo posto, e non è una vittoria – serva a risollevare la Nazione.




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