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Fabrizio Federici intervista Maurizio Marini sulla Mostra del Guercino a Castel Sant'Angelo

Fabrizio Federici intervista Maurizio Marini sulla Mostra del Guercino a Castel Sant'Angelo
Autore: Fabrizio Federici - Capo redazione Cultura
Data: 22/05/2011

 
(Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino "Erminia tra i pastori" 1640)
 
Al Museo Nazionale di Castel S'Angelo, sino al 12 giugno, è visibile la mostra "Il Guercino ritrovato- Quando Amore ferma la Guerra ", a cura di Federica Gasparrini e Maurizio Marini, col patrocinio, anzitutto,  del ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Sovrintendenza  per il Polo Museale Romano, diretta da Rossella Vodret. "La mostra – spiega Marini, docente emerito alla "Sapienza " di Roma, tra i massimi specialisti mondiali del Caravaggio e della pittura del '600 – permette d' ammirare un capolavoro ritrovato di Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino ( mai soprannome , tra l'altro, fu più errato, perché questo pittore era semplicemente affetto da strabismo, N.d. R.): artista che solo recentemente  ha iniziato ad esser considerato come merita, tra i nomi più grandi della pittura seicentesca. Questo, per impulso soprattutto di Sir Denis Mahon, il collezionista e storico dell'arte britannico, scomparso a Pasqua scorsa , di cui ho avuto l'onore d'essere amico, che nel '68-'69 a Bologna organizzò la prima mostra  di dipinti e disegni del Guercino, e nel '91, a Cento ( Ferrara), paese natale dell'artista , quella per i 400 anni dalla sua nascita".

D. Professore, ma perché, anzitutto, la critica d'arte classica , da John Ruskin allo stesso Bernard Berenson, a lungo ha disprezzato la pittura del Seicento? Persino Caravaggio ha dovuto aspettare sino al 1913, col celebre saggio di Roberto Longhi su "Paragone" , per esser considerato davvero un grande artista…  

R. Non dimentichiamo i canoni estetici e i gusti artistici ( e relativi interessi commerciali, chiaramente!),  rivolti all'arte soprattutto antica, poi medioevale e rinascimentale, dominanti nell' Otto-Novecento. Son stati soprattutto studiosi come Maurizio Fagiolo e Paolo Portoghesi, importanti per la mia formazione, a imporre un nuovo orientamento: poi ripreso da altri, come Longhi, appunto, e Federico Zeri. Per il Guercino ( 1591-1666), determinante è stato il lavoro di specialista di Mahon  ( autore di studi approfonditi anche sui Carracci, Guido Reni, Caravaggio e Poussin), che negli anni '30- '50, poi, riuscì ad acquistare parecchi quadri del Seicento italiano, allora a prezzi abbordabili. Ma di questo quadro esposto a Castel S. Angelo, "Marte furibondo ritenuto da Amorino", Sir Denis aveva perso letteralmente le tracce, dopo la citazione che ne fa lo storico dell'arte Malvasia:  il quale lo nota nel 1666 nello studio del Guercino, morto da poco,  tra le opere non acquistate dal  collezionista marchese Mattei di Paganica.

D. Dov'era finito, questo "Marte furibondo" ?

R. Nel 1997-'98, il "Fondo Dionysos", importante raccolta di opere d'arte ( da Rubens a Zurbaran e a Salvador Dalì) con sede in Lussemburgo,  e di cui son divenuto Presidente, acquistò il quadro da un collezionista di Parigi ( che a sua volta l'aveva rintracciato in una raccolta di provincia) . Preciso che il Fondo non ha alcun interesse a vendere i suoi quadri, ma vuole semplicemente organizzare esposizioni per far conoscere meglio al pubblico le opere di questi grandi maestri: reinvestendo poi gli utili del merchandising legato alle mostre sempre in iniziative culturali ( pubblicazioni, altre mostre,ecc…). A settembre 2010, il "Marte" guerciniano fu esposto a Monte S.Maria in Tiberina, in Umbria, paese feudo, a suo tempo, del cardinal Del Monte, storico protettore del Caravaggio  ed estimatore  anche del Guercino. Da lì è nata l'idea – poi accolta da Rossella Vodret, Sovrintendente al Polo Museale Romano – di esporre il quadro in un'altra mostra a Castel S'Angelo: in onore appunto di Denis Mahon , la cui scomparsa è davvero una grande perdita per  la cultura europea.

D. Ma perchè questo quadro non fu acquistato dal committente, Mattei di Paganica?

R. Come spiega la storica dell'arte Federica Gasparrini nel catalogo della mostra ( Roma, De Luca ed., 2011), il quadro risultava  troppo profano per la cattolica famiglia Mattei. Si tratta, infatti, d'un soggetto ( peraltro non nuovo al Guercino e ad altri artisti seicenteschi) a sfondo allegorico un po' paganeggiante, diciamo tra Eros e Thanatos: Marte, raffigurato con un'armatura di foggia latamente francese, viene fermato da Amore, figlio di Venere, sullo sfondo d'un cielo fumigante di polvere pirica e d'un turrito castello che ricorda  Castel S.Angelo. Un messaggio  centrato sull' Amore in senso "panico", e su un pacifismo "ante litteram": troppo per il marchese Mattei , che nel 1642-'44, pochi anni prima della realizzazione dell'opera, era stato comandante delle truppe pontificie nella guerra per il Ducato di Castro. Nel  clima  culturale della Controriforma, e nel più generale incendio europeo della Guerra dei Trent'Anni (1618-1648) ".

 

 




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