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Giampaolo Pansa:

Giampaolo Pansa: "I vinti non dimenticano"
Autore: Fabrizio Federici - Redazione Cultura
Data: 22/11/2010

Uno dei maggiori pregi dell' ultimo libro di Giampaolo Pansa, " I  vinti non dimenticano" ( Milano, Rizzoli, 2010, pp. 460, e. 19,50 ), che prosegue la ricostruzione – iniziata nel  2003 con "Il sangue dei vinti" – delle pagine meno nobili della nostra Resistenza  (da Porzus agli eccidi del "Triangolo della morte",sino  all'eliminazione di alcuni comandanti partigiani controcorrente) è l'aver posto in risalto il tributo di sangue pagato, nel 1943-'45, dalle donne, dell'una e dell'altra parte. Rompendo, così, un pregiudizio sessista di tutta la precedente  storiografia: che sinora,  a  sinistra come a destra, non aveva mai dato troppo spazio al ruolo dell' "Altra metà del cielo" nella guerra di liberazione.
 
I numeri parlano chiaro: nel '43-'45, accanto a tutte le  partigiane cadute in combattimento o torturate, ben 2365 donne risultano assassinate perchè fasciste o ritenute tali. Delle quali 778, più del 30%, nel solo Piemonte, fortemente seguito dalle altre regioni del Nord e dalla Venezia Giulia in fibrillazione per l'avvicinarsi  dei "titini"; e delle quali, in complesso, 925 soppresse quando la guerra era già finita.
 
In particolare, Pansa ricostruisce  dettagli e retroscena di quello che è stato uno dei primi casi di "sangue dei vinti": l'eccidio del  14 luglio 1944 ad Arcevia ( Ancona ), a passaggio liberatore degli alleati già avvenuto. Quando tredici persone, di cui  nessuno ( anche quelli con la tessera del PFR ) era fascista militante,  e nemmeno faceva attivita' politica, furono brutalmente prelevate dalle loro case, in  stile Spagna della guerra civile, seviziate e uccise a raffiche di mitra, con l'accusa infamante di aver fatto da spie ai nazifascisti. 
 
Di essi, sei erano donne tra i 25 e i 53 anni, e  sette gli uomini, fra i quali diversi vedovi e anziani: tutti, probabilmente, contrari ai metodi sbrigativi con cui era stata condotta in precedenza  la guerriglia nella zona, fortemente controllata dalle formazioni comuniste. Ancora nel  1988, l' ANPI di Arcevia continuava a parlare di "tredici spie fasciste": mentre  tuttora, gli anziani superstiti della zona hanno paura a parlare di quei giorni.
 
Non aver più paura di parlare di questi episodi, non fermarsi dinanzi ad alcun tabù ( o presunto tale),  farla finita coi clichès della vulgata storiografica dominante, nella consapevolezza che ogni fenomeno storico, anche il più nobile, non ha mai solo lati positivi, e che le atrocità non sono mai  l' "esclusiva" d'una  parte sola: fermo restando, è chiaro, che ciò non potrà mai significare un' equiparazione tra Resistenza e RSI, un'incredibile "par condicio"   tra partigiani e fautori del nazifascismo.
 
Questo è, riteniamo, un compito primario degli storici di nuova generazione. Proprio perchè lavorare seriamente in  questo campo  non significherebbe offendere la Resistenza:  ma anzi, in omaggio proprio al ricordato principio essenziale della complessità della storia ( mai leggibile in un  unica chiave, mai riconducibile ad un'unica direzione),  onorarla sul serio,  al posto di esaltazioni e agiografie tanto  ipocrite quanto  manichee e inutili . Un invito  ( e augurio sincero, al tempo stesso, anche se so benissimo i problemi cui andrebbe incontro ) al collega Pansa: quando si sentirà di scriverlo ( e son pronto a dargli una mano, se vorrà), da lui m' aspetto un altro bel libro, sempre con un editore di primo piano, sugli incredibili retroscema politici ( già in parte chiariti da un altro giornalista coraggioso, Pierangelo Maurizio, in un libro del '97 da lui autoprodotto)  di quello che, forse ancor più delle stragi del "Triangolo della morte", resta tuttora il "tabù dei tabù"  nella storia della Resistenza. Quella controversa azione del 23 marzo 1944 in Via Rasella , col suo tragico corollario dei 335 morti delle Fosse Ardeatine ( tra i quali,lo dico per chiarezza morale e politica, anche un caro amico della mia famiglia paterna,  il comandante partigiano Manlio Gelsomini ), che, tuttora, continua comprensibilmente a dividere le coscienze  e ad alimentare le polemiche.  



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