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Covid-19: l’Italia e l’emergenza al rallentatore. 5 domande a Conte

Covid-19: l’Italia e l’emergenza al rallentatore. 5 domande a Conte
Autore: Editoriale del direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 24/03/2020

 

Da qualche giorno circola una notizia che alcuni si sono affrettati a bollare come “Fake news” ma che non lo è. Mi riferisco alla delibera emanata dal governo Conte bis in data 31 Gennaio 2020, ed è importante chiarire una questione che porta sulle spalle ogni singolo cittadino italiano: quella delle tempistiche decise dal governo per mettere in sicurezza la salute pubblica.

Cerchiamo di comprendere l’accaduto, ma ancor di più i motivi che hanno spinto il governo a decidere con passo da lumaca le necessarie misure per salvaguardare la salute pubblica.

I fatti: il 31 gennaio 2020, viene emanata questa delibera: Gazzetta Ufficiale delibera 31 Gennaio 2020.

Il contenuto appare quantomeno paradossale, in quanto il governo conferma lo stato di emergenza sanitaria ma da fine gennaio a oggi, si è mosso a passo di lumaca per mettere in stato di sicurezza la popolazione. Attende circa due mesi per chiudere tutto e mettere in isolamento l’intera popolazione, e decreto dopo decreto cerca di arginare un problema enorme che, ribadisco, era già stato messo nero su bianco quando ancora veniva dichiarato alla popolazione che, tutto sommato, la diffusione del contagio era sotto controllo.

Se a fine gennaio era nota la portata della gravità dell’emergenza sanitaria, per quale ragione il governo non ha dato ascolto tempestivamente ai governatori delle regioni? Quali sono i motivi che non hanno permesso di allertare in tempo utile la popolazione? È per questo motivo, per caso, che l’Italia è la nazione che presenta il più alto numero di contagiati e morti? Se il governo sapeva, perché non ha immediatamente attivato – com’é accaduto in Cina – le massime norme restrittive, al fine di contenere la diffusione del Covid-19, e agire quindi in maniera da controllarne gli effetti sugli esseri umani, e una volta verificato l’abbattimento percentuale dei contagiati, porre la situazione generale in uno stato di normalità?

Nel video che trovate in questo editoriale, potrete sentire la voce del premier Conte, che consiglia ai cittadini di "Condurre una vita normale". Era il 2 Febbraio. Due giorno dopo il varo del decreto in cui viene stabilito lo stato di emergenza sanitaria.

Dopo l’emanazione della suddetta delibera, ne sono arrivate altre due: quella del 23 Febbraio 2020, con misure atte a chiudere diverse attività – le prime delle quali sono state quelle culturali, e quella dell’8 Marzo 2020, attraverso la quale la Lombardia e diversi comuni tra Veneto ed Emilia Romagna sono considerate “zone rosse”.

La profusione di DPCM non si arresta. Il 9 marzo Conte firma un altro decreto, quello che decide che tutto il territorio nazionale è da considerarsi zona rossa, cui segue il decreto varato l’11 marzo dopo la pubblicazione dell’ordinanza del ministro della salute Roberto Speranza, decreto recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.

Non è ancora finita la sequela di provvedimenti. Una nuova ordinanza firmata da Speranza arriva il 22 Marzo, quella che limita drasticamente gli spostamenti dei cittadini sul territorio nazionale, e che impone – di fatto – l’isolamento in casa a buona parte dei cittadini, se non per spostamenti brevi – entro di 200 metri per fare la spesa alimentare – o per coloro che devono comunque recarsi al lavoro.

Questo processo al rallentatore, anche se lo stato di emergenza è stato messo nero su bianco due mesi prima dall’ultimo decreto di massimo contenimento – non può non suscitare sgomento e riflessioni su un mucchio di cose.

Eppure abbiamo l’esempio della Cina, che si è comportata esattamente al contrario: hanno immediatamente preso in seria considerazione la gravità della situazione, restringendo immediatamente la libertà personale dei cittadini, edificando in pochi giorno strutture atte a ricoverare i contagiati. Azioni che hanno permesso, in un lasso di tempo breve, una sorta di ritorno alla normalità.

Qui sta avvenendo il contrario: si è preso tutto sottogamba, poi via via si è iniziato a varare decreti su decreti, e pure autocertificazioni su autocertificazioni, come se ogni giorno qualcuno al governo si renda finalmente conto che non ci troviamo sul set di un film di fantascienza.

Chiedo quindi al premier Conte - poiché anche stasera – 24 Marzo 2020 – durante la conferenza stampa appena finita, nessun collega ha fatto le domande che tutti noi attendevamo, e quindi le farò io:

1) Perché non avete fin da subito messo la popolazione in stato di sicurezza?

2) Perché non avete copiato il modello cinese?

3) Perché, pur avendo varato il decreto di stato di emergenza il 31 gennaio, avete poi atteso così a lungo prima di prendere le giuste decisioni per la salvaguardia della salute pubblica?

4) Perché nel frattempo vi siete piuttosto preoccupati di generare uno stato di confusione tra i cittadini, che ora sono indicati come colpevoli di “non aver compreso la gravità della situazione” se i primi a non agire di conseguenza, siete stati voi?

5) Perché, infine, non avete dato retta ai governatori delle regioni del Nord e poi a tutti gli altri, che, prima di voi, trovandosi in piena emergenza, hanno chiesto a gran voce misure restrittive ottenendo come risposta il vostro disinteresse?

Molti cittadini italiani si stanno interrogando, e si chiedono in molti se per caso, dietro tutto questo, non vi sia una volontà di usare questa tragedia per altri scopi, come per esempio quello di ottenere finanziamenti a pioggia, che ricadranno poi sulle spalle di ogni singolo contribuente. La riforma del MES, che ho spiegato poco tempo fa in questo editoriale, è stata solo procrastinata, e parla proprio di questo: i prestiti che saranno chiesti dalle nazioni che ne necessiteranno e potranno accedere ai fondi, dovranno corrispondere a misure restrittive sui diritti e sull’economia dei contribuenti.

Non so se otterremo risposta, ma le domande resteranno pubbliche.

©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina




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