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Coronavirus - 'Decreto Cura Italia': art. 6 e requisizione dei beni mobili e immobili

Coronavirus - 'Decreto Cura Italia': art. 6 e requisizione dei beni mobili e immobili
Autore: Editoriale del direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 22/03/2020

Lo scorso 17 Marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto decreto “Cura Italia” quello che contiene Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Voglio porre l’attenzione sull’articolo sei di questo decreto, che tratta l’argomento delle requisizioni in uso o in proprietà. Spiego innanzitutto il significato dei due termini: per “espropriazione in uso” si intende l’azione di esproprio momentaneo di  un bene, mobile o immobile, per motivi di emergenza e che verrà restituito al legittimo proprietario.

Il secondo termine, “esproprio in proprietà privata”, è più grave per i proprietari che lo subiscono, perché rappresenta l’azione di assunzione di proprietà del bene da parte dell’amministrazione pubblica e per fini di utilità generale, che non può essere in alcun modo contrastata dal legittimo proprietario, che riceverà in cambio un indennizzo.

L’articolo 6 del decreto Cura Italia tratta l’argomento delle requisizioni di pubblica utilità. In massima sintesi, in considerazione dell’emergenza sanitaria che rende necessario disporre di ambienti in cui ricoverare i contagiati, è possibile poter agire in tal senso attraverso la Protezione Civile – comma 10 – anche su richiesta del Commissario straordinario, come recita l’articolo 122, che con un decreto varato ad hoc, può decidere per l’espropriazione di beni di proprietà pubblica o privata e di presidi medico-sanitari e medico-chirurgici. È inoltre consentito l’esproprio di beni mobili di ogni genere, che possano essere utili a contrastare l’emergenza in atto.

Una misura straordinaria, atta ad aumentare il numero di posti letto per i pazienti affetti da Covid-19.

Sul decreto è scritto che “La requisizione in uso non può durare oltre sei mesi dalla data di apprensione del bene, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata del predetto stato di emergenza”. Significa che, qualora entro il 20 luglio la situazione non dovesse normalizzarsi, il governo può emanare una circolare che prolungherà tale termine.

In tempi simili, con i morti che si aggiungono ai morti ogni giorno, coi malati che non si sa più dove ricoverare, appare una misura strategica necessaria, anche se si potrebbe eccepire che, andando avanti nella lettura, non si comprende bene questo passo: “Se, entro la scadenza di detto termine, la cosa non è restituita al proprietario senza alterazioni sostanziali e nello stesso luogo in cui fu requisita, ovvero in altro luogo se il proprietario vi consenta, la requisizione in uso si trasforma in requisizione in proprietà, salvo che l’interessato consenta espressamente alla proroga del termine”.

In questo caso, se il proprietario non dovesse ricevere l’uso della sua proprietà entro il termine stabilito, e se non accettasse la proroga del termine di consegna, scatterebbe quindi l’espropriazione in proprietà (?) In tal caso quindi, se l’amministrazione ritiene di dover ancora necessitare del bene mobile o immobile oltre i termini stabiliti, ma il proprietario del bene in questione non dovesse accettare il prolungamento dei termini di riconsegna, subirà l’espropriazione e riceverà in cambio un indennizzo. Così è scritto.

Il problema, a mio avviso, potrebbe iniziare da qui, perché a meno di ulteriori finanziamenti al fondo per gli indennizzi, rappresentato dalla sua entità che al momento è pari a 150 milioni di euro per tutto il 2020, questa somma potrebbe essere esigua se dovessimo immaginare un piano nazionale di requisizioni, sia in uso sia in proprietà.

Quello che sto per fare è un discorso puramente ipotetico ovviamente, ma poiché tocca l’ossatura dell’economia nazionale privata, rappresentata appunto dalla proprietà immobiliare, è bene che se ne parli.

Nel decreto è espressamente indicato al punto 4: “Contestualmente all’apprensione dei beni requisiti, l’amministrazione corrisponde al proprietario di detti beni una somma di denaro a titolo di indennità di requisizione. In caso di rifiuto del proprietario a riceverla, essa è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata. Tale somma è liquidata, alla stregua dei valori correnti di mercato che i beni requisiti avevano alla data del 31 dicembre 2019 e senza tenere conto delle variazioni dei prezzi conseguenti a successive alterazioni della domanda o dell’offerta, come segue: 17-3-2020 GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Serie generale - n. 70 — 5 — a) in caso di requisizione in proprietà, l’indennità di requisizione è pari al 100 per cento di detto valore; b) in caso di requisizione in uso, l’indennità è pari, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, a un sessantesimo del valore calcolato per la requisizione in proprietà”.

Anche le strutture alberghiere sono state inserite tra le proprietà che possono essere requisite, come recita l’articolo 7: “Nei casi in cui occorra disporre temporaneamente di beni immobili per far fronte ad improrogabili esigenze connesse con l’emergenza di cui al comma 1, il Prefetto, su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territorialmente competente, può disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio della persona interessata”. 

Se si pensa che, con le pessime politiche dei governi di centrosinistra, la requisizione degli alberghi è avvenuta per altri scopi, oggi guardiamo a questo tipo di decisione forse con occhi diversi ma...

L’intento è nobile, ma non si può non riflettere su una questione: se nel corso degli anni le misure chieste dalla UE per rientrare dei prestiti concessi all’Italia, e prelevati dal fondo MES – o Salva Stati – non avessero provocato la chiusura di molte strutture ospedaliere, così come la decapitazione dei diritti fondamentali della popolazione, a colpi di negazione dei diritti civili, dal welfare agli stipendi all’adeguamento delle pensioni, forse oggi non sarebbe stato necessario dover anche predisporre un piano emergenziale che prevede anche l’espropriazione dei beni dei cittadini, che continuano a essere l’elemento penalizzato per eccellenza: pagano sempre pegno.

Al seguente link potrete scaricare la copia del decreto legge Cura Italia e leggere anche l’articolo 6: Decreto Cura Italia.

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