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Il progresso tecnologico ci sta portando al regresso

Il progresso tecnologico ci sta portando al regresso
Autore: Editoriale del Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 13/12/2019

Il progresso è regresso. E’ la sintesi estrema di un passo del romanzo in tre parti dal titolo “L’uomo senza qualità” dello scrittore austriaco Robert Musil. I primi due volumi furono pubblicati nel 1930 e nel 1932. Il terzo rimase incompiuto e pubblicato postumo nel 1943. Ecco il passo in questione:

Ogni progresso è anche un regresso. C'è progresso sempre e solo in un determinato senso. E poiché la vita nel suo complesso non ha senso, nel suo complesso non ha nemmeno progresso”.

Una visione alquanto lucida, tanto che questa sua opera è tra quelle più importanti e diffuse a livello mondiale.

Qualcuno potrebbe pensare: “Come è possibile che il progresso ci porti a regredire”? Basta guardarsi intorno, non troppo lontano da se stessi. Tutto ciò che l’uomo sviluppa, nel nome del progresso, genera come conseguenza diretta un regresso.

A ogni passo avanti, ne consegue qualcuno indietro. Maggiori sono i progressi della scienza, della tecnologia, della ricerca, maggiori effetti regressivi si abbattono contro gli esseri umani.

Perché? La risposta è semplice: dovremmo vivere per campare, non per far parte di un sistema paradossale che usa gli umani come elementi di un sistema di sviluppo evolutivo. Correndo velocemente su questo binario faremo in modo che la mancanza del senso della vita si compia.

Tornare a una dimensione umana è il vero progresso, non il contrario. Purtroppo però, il percorso avviato è inarrestabile, a meno di un evento che colpisca collettivamente tanto da far tornare tutti sui propri passi.

Rendiamoci conto di una cosa: l’uomo un tempo necessitava di macchine per viver meglio. Oggi è il sistema tecnologico a servirsi degli uomini per alimentarsi e progredire. Dipendiamo noi dalla tecnologia o è il contrario? Cosa potrebbe accadere se, all’improvviso, tutti smettessimo di servircene? 

Ecco qualche esempio pratico. Entrare in una farmacia è cosa normale. Lo è meno il fatto che le farmacie attuali si blocchino nel momento in cui la connessione ai sistemi digitali subisca un arresto. Niente medicine – non possono essere fornite perché ora esistono sistemi automatizzati e collegati ai computer e al web – una vera sciagura.

Cambiamo settore ed entriamo alle poste o in banca. Stessa storia. Dopo aver fatto la fila arriva il nostro turno e…niente. L’impiegato alza gli occhi al cielo e con espressione eloquente ci fa capire che la linea è saltata: niente operazioni allo sportello. Chi ha un conto corrente online può raccontare esperienze negative di ogni sorta, come quelle legate ai nuovi sistemi di sicurezza che, in alcuni casi, non hanno permesso a molti clienti di poter accedere alle loro aree private a causa di “Problemi di adeguamento dei sistemi di sicurezza” .

Passiamo al fisco? Ma si, passiamoci. Qui potremmo aprire un capitolo a parte e molto consistente. Con le nuove misure a contrasto dell’evasione fiscale, sofisticati algoritmi fusi insieme a sistemi di intelligenza artificiale operano al fine si stanare chi non paga le tasse. Questa intromissione fin nelle pieghe più intime della nostra esistenza ha già provocato un’azione ignobile e riportata dalle cronache nazionali: una giornalista di 47 anni, colpita da tumore al seno e che si era sottoposta a chemioterapia, con la conseguenza di aver perduto i capelli, aveva acquistato una parrucca pagata 300 euro.

Per sottoporsi con maggior urgenza al necessario intervento di rimozione della massa tumorale, aveva deciso di pagare l'operazione chirurgica, seppur presso un ospedale pubblico. Cosa è successo? Stanata! E' stata sottoposta a verifica fiscale, e ha dovuto spiegare il motivo delle spese sostenute, come se la signora avesse turlupinato il sistema fiscale spendendo il suo denaro in profumi e balocchi...

Se questa vicenda è scaturita dal grande fratello informatico del Fisco è la controprova di quanto fosse necessario l’elemento umano, per valutare meglio chi colpire e chi no.

Ma parliamo di un altro tema, sempre legato al progresso che ci sta portando al regresso: i bambini.

Un tempo venivano al mondo ed erano una gioia per tutti: curati, vezzeggiati, educati, cresciuti con amore. Oggi: vengono al mondo, da genitori spesso troppo occupati a lavorare. Tolto il periodo post parto, ecco tornare tutti alla quotidianità, ai ritmi estremi, alla conseguenza di avere sempre meno tempo da passare con la prole. Nei momenti dedicati alla famiglia, la stanchezza e lo stress assalgono i genitori che, pur di mantener calmi i propri piccoli, desiderosi solo di avere maggiori attenzioni, mettono tra le loro manine l’ultimo modello di Smartphone o di tablet “Così stai buono”!

Tradotto significa "Così non scocci"! Ed ecco che bimbi di pochi anni vivono sempre più distaccati dalla realtà, fissando per ore lo schermo di un cellulare, estraniati dal mondo reale. Cresceranno ancor più estraniati e lo conferma una recente ricerca, che chiarisce come gli adolescenti non sappiano cosa significhi il contatto umano. Passano le loro giornate comunicando esclusivamente via chat, e non si sentono mai al telefono.

Pensare che, nel percorso evolutivo del genere umano, sono stati necessari migliaia di anni per produrre le prime parole ...

Il progresso tecnologico ci sta portando indietro di migliaia di anni, ma con una criticità a cui pochi stanno pensando: un tempo gli esseri umani erano in grado di fare cose che, oggi, sono inimmaginabili. Sapevano camminare per migliaia di chilometri, anche sotto le intemperie, sapevano cacciare, pescare, procacciarsi il cibo, accendere un fuoco, costruire un riparo…

Se dovesse accadere un evento che, all’improvviso, ci disconnettesse tutti dalla rete e da ogni tipo di tecnologia, e se questo evento ci imponesse di tornare a soluzioni vitali operate attraverso le mani e l'intelletto, e a dover contare sulle proprie abilità, in quanti ne saremmo capaci?

Il progresso è regresso? La risposta è si. In special modo quando è spinto all’eccesso.

©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina

 

 

 




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