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Elon Musk: c'è fermento intorno a Berlino...

Elon Musk: c'è fermento intorno a Berlino...
Autore: Gigi Corsini - Da Berlino
Data: 20/11/2019

C’è vita alle porte di Berlino. È di qualche giorno fa la notizia che Elon Musk intende costruire una gigafactory della Tesla nelle vicinanze della capitale tedesca. L’occasione per l’annuncio è stato il conferimento del premio Das Goldene Lenkrad,il volante d’oro, che ha visto premiati, fra gli altri, Marc Lichte (capo designer di Audi), Yasuhiro Aoyama (presidente e CEO di Mazda Motor Europe), Steffen Cost (amministratore Kia Motor Deutschland), Anish Taneja (presidente Michelin regione Europe North),Hans-Joachim Rothenpieler (responsabile sviluppo tecnico presso Audi), Christian Strube ( responsabile sviluppo Skoda), Adrian van Hooydonk ( capo designer BMW Group), Tetsuya Tada (chief Engineer GR Supra presso Toyota), Oliver Zipse (CEO BMW), Ralf Speth (CEO Jaguar/Land Rover).

Basta scorrere la lista dei premiati per capire quale fine operazione si è svolta per preparare questo annuncio “a sorpresa”, in cui l’unico elemento di novità è il fatto che Musk non abbia usato twitter per dare la notizia. Nonostante parte della stampa si sia spesa per sottolineare l’umiliazione per le case produttrici tedesche, il cui comparto è affetto da un lato dalla crisi e dai rischi derivanti dal passaggio a tecnologie sempre più sofisticate, con la nota ricaduta che queste avranno sui lavoratori, è interessante notare il malcelato entusiasmo che qualcuno si è lasciato sfuggire. Christian Amsinck, direttore amministrativo della lega degli imprenditori per Berlino e il Brandeburgo, ha definito l’annuncio di Musk “un Natale anticipato”, e le possibilità per il land del Brandeburgo “un salto quantico”. Si parla, in effetti, per quanto riguarda la gigafactory che dovrebbe sorgere vicino alla capitale, di 7000-8000 possibili posti di lavoro.

È previsto inoltre che a Berlino sorga un centro di ricerca e di design dedicato. L’inizio dei lavori per la gigafactory è ipotizzato per il primo trimestre del 2020, e l’entrata in funzione della mega area produttiva per la fine del 2021. Il luogo scelto, la zona di Grünheide a sud est di Berlino, non è nuovo a promesse di sviluppo. Nel comune che conta circa 8600 abitanti doveva sorgere nel 2001 una fabbrica della BMW che avrebbe assicurato 2500 posti di lavoro.

A fronte delle criticità riscontrate e di un atteggiamento non proprio benevolo da parte della popolazione, BMW decise di spostare il progetto a Lipsia. Ci sono altri esempi di come il land del Brandeburgo non sia stato fino ad oggi molto benaugurale per certi grandi investimenti. Negli stessi anni dell’operazione BMW era avvenuto il caso eclatante di Cargolifter AG che a Brand (Dahme-Spreewald) voleva impiantare una fabbrica di dirigibili per il trasporto di merci pesanti, in questo caso sarebbero stati 500 i posti di lavoro disponibili. Le promesse di questa avventura visionaria erano finite con il fallimento della Cargolifter nel 2002. Oggi nella zona, quasi ad ironico memento, sorge il parco divertimenti Tropic Islands.

Una sorte analoga, promesse di sviluppo e non realizzazione, è toccato al progetto di una fabbrica di chip a Frankfurt/Oder.

È lecito dunque chiedersi, benché a tanti anni di distanza, quanto sia mutata la ricettività del land del Brandeburgo, in termini di infrastrutture e di clima politico, considerata la notevole presenza di elettori di AfD, partito che si può definire radicato sul territorio. Si spera, da una parte, che la promessa di Musk possa far da traino al vicino aeroporto BER, la cui sorte finora non promettente ha portato a notevoli perdite di natura finanziaria e ribaltoni politici nell’amministrazione locale.

L’impatto sull’industria automobilistica tedesca potrebbe non limitarsi certo al solo effetto emozionale. Da un lato premono i dazi di Trump, e dall’altro vi è la memoria non ancora sopita dello scandalo di Edgar Snowden e della NSA, il cui effetto nella percezione degli industriali, di quanto poco fossero protetti dall’Europa e dal proprio paese, non è stato di poco conto. Le aziende automobilistiche tedesche hanno da tempo messo le mani avanti di fronte al fenomeno Tesla, pur dichiarandosi indietro nella ricerca, affermazione questa che è da prendere con la dovuta cautela. Da qui al 2023 i produttori tedeschi hanno pianificato circa 150 modelli da inserire nel ramo dell’elettromobilità. Chi si è mostrato favorevole al progetto Tesla sono soprattutto i ricercatori nel settore delle batterie, che si augurano che la Germania possa assicurarsi un ruolo da protagonista per il futuro.

Gli annunci di Elon Musk di creare una gigafactory in Europa per la costruzione di batterie risalgono in verità al 2017, che la Germania fosse una delle nazioni favorite lo aveva dichiarato via twitter lo stesso Musk a fine giugno 2018, individuando la regione ideale ai confini con la Francia, vicino al Benelux. I piani per il futuro sono quelli di assicurare alle gigafactory sparse nel mondo la produzione sia dei veicoli che delle batterie. I fornitori tedeschi in realtà sono già presenti in Tesla per questa componente essenziale, anche tramite Bosch, che fornisce tecnologia di produzione.

Per ovvie ragioni il mercato delle auto elettriche è determinato dalle sorti della ricerca e del raffinamento nella produzione delle batterie, oltre all’approvvigionamento della loro componente essenziale, il litio, la cui domanda è in aumento crescente. L’anno scorso, sempre a Berlino, era stata concordata una joint venture fra un’impresa di stato boliviana, la YLB, e la ACI Systems, tedesca, per lo sfruttamento dei giacimenti di litio nel lago salato di Uyuni, in Bolivia. In base all’accordo, a partire dal 2022, era prevista la produzione di 30.000-40.000 tonnellate di idrossido di litio all’anno. All’impresa di stato boliviana spettava il 51% delle azioni. Poco prima del golpe contro Morales, che se ne era uscito con la frase poco felice “il litio appartiene alla Bolivia”, il governatore del dipartimento di Potosì, dove si trova il lago salato, aveva annunciato che il governo di Morales aveva annullato il contratto per decreto.

Sono molte come si vede le delicate questioni, a vari livelli, anche geopolitici, che si intrecciano dietro l’annuncio di Elon Musk. Si tratta di una delle fasi della disruption in corso, che vede delinearsi un cambiamento di marcia dell’ultracapitalismo, in cui gioca un ruolo fondamentale l’immagine, non di solidità, ma creativa.

Berlino ha saputo ritagliarsi un significato anche in questo senso, sapendo presentarsi come meta ideale dell’immaginario di un personaggio come Elon Musk, l’imprenditore che vorrebbe trasformare i mercati nel set cinematografico di un film d’azione.

La parola decisiva la metterà comunque la crisi finanziaria che si profila all’orizzonte.

 

 




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