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Vicenza, Teatro Olimpico: Apologia di Platone - fino al 27 Ottobre 2019

Vicenza, Teatro Olimpico: Apologia di Platone - fino al 27 Ottobre 2019
Autore: Redazione Cultura
Data: 24/09/2019

 

APOLOGIA DI SOCRATE 

Teatro Olimpico di Vicenza - 72° Ciclo di Spettacoli Classici

 

 

Muoiono gli Dei che non sono cari ai giovani


Direzione artistica: Giancarlo Marinelli

 

Vicenza, dal 19 settembre al 27 ottobre 2019

Procede con il secondo appuntamento della stagione Muoiono gli Dei che non sono cari ai giovani, la 72° edizione del Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza diretta da Giancarlo Marinelli. A seguire l’esclusiva nazionale rappresentata dallo spettacolo di apertura della rassegna “Frammenti di memorie di Adriano” sarà dunque una prima nazionale, in programma il 27 e il 28 settembre“Apologia di Socrate” (produzione Ergo Sum).

Tra tutte le opere di Platone, L’Apologia è sicuramente la più ricca di informazioni sul pensiero di Socrate, e appare come un’incondizionata difesa della figura e degli insegnamenti del maestro di fronte alle gravi accuse che lo avevano portato al processo, la cui causa va certamente rintracciata proprio nell’errata interpretazione del suo pensiero. Così, la condanna a morte di Socrate diventa l’archetipo dell’errore giudiziario, dramma di tutti i tempi. La poliedrica regista pugliese che firma il testo e lo spettacolo, da alcuni anni si occupa della riscrittura dei classici del Teatro; da ricordare, tra i suoi lavori, “Folli(e) d’amore. Tutti pazzi per Shakespeare” del 2015; “Uno nessuno centomila” del 2016, adattamento teatrale del romanzo di Luigi Pirandello, interprete Enrico Lo Verso, e ancora “Metamorfosi, altre storie oltre il mito” dedicato alle Metamorfosi ovidiane, che ha debuttato al Teatro antico di Segesta nel 2017, protagonista Enrico Lo Verso.

La riduzione drammaturgica rispetta l’originalità del testo platonico per raccontare una vicenda umana che è quella di molti: di chi ogni giorno è soggetto al giudizio e allo scherno della folla perché “diverso” e di chi, sotto il peso di un’accusa infamante e errata, ha perso la vita.   

La giuria popolare che condannò a morte Socrate aveva cinquecento cittadini, e sappiamo che fu sempre la folla a scegliere di liberare Barabba, la stessa che oggi, a distanza di oltre 2000 anni da quegli errori, quando non può capire, preferisce condannare. La rappresentazione ruota attorno al dialogo tra Socrate e se stesso, oltre la presenza degli accusatori. A Socrate ciò che importa non è dimostrare agli altri la propria onestà, ma restare coerente con se stesso, nonostante le interferenze esterne. La ricerca della propria verità diventa dunque più importante della prova della propria innocenza, perché di fronte a una falsa accusa non restano che due strade: infrangere le leggi, e quindi essere asserviti a quello stesso sistema che condanna, o diventare migliori di se stessi. Socrate sceglie la seconda, sino a sublimare il suo pensiero non alla ricerca della verità oggettiva, ma della bellezza soggettiva che trova nella coerenza del pensiero.   

Un uomo, quindi, che intraprende uno scambio dialettico con la propria coscienza, e un coro che simboleggia sì la folla degli accusatori, ma soprattutto porta omaggio alle vittime degli errori giudiziari: da Gesù a Sacco e Vanzetti, attraverso una serie di vite a cui la ricerca del capro espiatorio ha tolto la voce.          

Perché la storia insegna a non dimenticare.

Alessandra Pizzi

 

 

 

 

 

 

 


 

 




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