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Cronache da Babilonia

Cronache da Babilonia
Autore: Editoriale del Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 26/05/2019

26 Maggio 2019: ci siamo svegliati con una brutta notizia, la morte del collega Vittorio Zucconi. Non basta, perché oggi è l’attesa giornata dedicata alle elezione europee. Le percentuali iniziali tracciano un panorama da uggiosa domenica di Maggio: si fa più politica su Twitter che tra le pareti domestiche e al momento opportuno. Theresa May si dimetterà il prossimo 7 Giugno, in barba a chi era convinto che la Brexit fosse cosa fatta.

Le cronache dei giornali si riempiono di notizie atroci: genitori che massacrano i figli, per ragioni che la coerenza e il senso dell’umanità non ci consentono di comprendere. Non passa giorno in cui, chi fa il mio mestiere, sia costretto a fare i conti con una fetta di genere umano andato in tilt. Alcuni dicono a causa dei troppi problemi socio-economici. Ribadisco che la cattiveria e la disumanità esistono, e non saranno le analisi psico-comportamentali che alcuni pretendono di fare a trovare scusanti inesistenti.

Riflessioni amene in un periodo storico in cui c’è troppo da raccontare, da non averne quasi più voglia. Ma non mi abbatto e continuo, persevero nella mia missione su questo pianeta: raccontare la realtà che ci circonda, e riflettere, insieme ai lettori, su quanto capita in questo terzo millennio che ci presenta il conto della sconfinata incapacità, da parte di molti, di vivere attivamente le questioni umane, tra politica, economia e questioni sociali.

Negli ultimi tempi in molti ritengono che alcuni ministri si stiano comportando al pari dei peggiori dittatori. Il dissenso sembra esser divenuto reato da pagare penalmente, striscioni contro Salvini vengono rimossi dai vigili del fuoco e dalla polizia. Professoresse sospese dalla loro mansione, in un caso perché i discenti realizzano un video che, apparentemente, accosterebbe Salvini al Duce. Apparentemente.

Di Maio, nel frattempo, ci racconta della sua love story nata da poco tempo, manco fosse motivo di interesse nazionale, o forse sì: d’altronde il popolo italiano, buona parte di esso, si appassiona alle telenovele di ultima generazione, rappresentate su isole di più o meno famosi o case di orwelliana memoria.

In tutto questo, si perde – come spesso accade – il senso delle cose. Ed è bene riflettere su come siamo giunti, e in così breve tempo, a una situazione sociale che si accende di arroganza e di violenza verbale ogni giorno di più, nella vita reale così come sui social.

Chi parla di dissenso vietato, spesso dissente su qualsiasi cose legge o sente dire dai propri simili. Ribellioni a senso unico, democrazia deviata. Ci tengo a ricordare un evento, accaduto pochi anni fa: il primo “Vaffa Day”, promosso da Beppe Grillo, si tenne a partire dall’8 Settembre 2007 in diverse città italiane ed estere.

Non so quanti di voi conoscono il motivo per cui fu scelta proprio quella data, vi fornisco la spiegazione: l’8 settembre 1943, RVittorio Emanuele e l’allora Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, lasciarono Roma di gran fretta. Secondo il pensiero dell’allora capo politico del M5S, il ricordo di quel giorno doveva far pensare alla dipartita della vecchia e mala politica, mentre con V-Day, si rifece il verso a un codice militare inglese – D-Day – col quale si indica il giorno in cui è previsto un attacco o un’azione di combattimento.

In realtà, si ricorda più spesso il termine D-Day per il famoso sbarco delle truppe statunitensi in Normandia. Insomma: nulla viene scelto e fatto per caso.

Faccio notare come, dall’avvio del Vaffa-Day, le cose siano di molto cambiate nel nostro paese, e non in meglio. Non dico che la cattiva china intrapresa dal mondo della politica e dal complesso sistema economico internazionale derivi da questo, ma è nel tessuto sociale che molte cose sono cambiate, lasciando che la rabbia popolare esplodesse, non più bloccata dal tappo delle convenzioni sociali. Fu un bene?

Nemmeno per sogno, perché ficcando in testa a milioni di persone che era giunto il momento di ribellarsi ai troppi scandali, alla troppa corruzione, alla mala politica e alla mala amministrazione, mandando affa… tutto e tutti, si generò un sistema perverso: nessun cittadino, da allora a oggi, ha ottenuto maggiori garanzie in ambito civile ed economico. Però, ogni singolo individuo pensa di potersi scagliare, spesso con violenza verbale inaudita, contro chicchessia.

Non ritengo che questa tendenza potrà mai sanare le gravi criticità che affliggono buona parte della popolazione che, anzi - comportandosi in questa maniera-  trovano oggi un muro contro il quale si abbatte una rabbia divenuta sterile, anche a causa di una totale mancanza di cognizione reale degli accadimenti e anche della conoscenza approfondita dei motivi del dissenso. Sintetizzando al massimo: molti italiani, oggi, sono incazzati e si scagliano alla cieca contro tutti e tutto. Se li interroghi sui motivi della rabbia, non sono in grado di generare risposte convincenti o che facciano intendere che costoro sappiano davvero per quale motivo dissentano. Un vero caos.

Non a caso, recentemente, decisi di pubblicare un mio nuovo lavoro, il libro dal titolo: “Manuale del rivoluzionario 3.0” attraverso il quale mi son presa la briga di voler chiarire quali possano essere i veri motivi di dissenso di un popolo massacrato, nei diritti civili e nella capacità economica sempe più assottigliata dal perdurare della crisi, e ho elencato anche le buone pratiche, pacifiche ma sensate, per tornare ad essere ascoltati da chi governa il paese.

Per farla breve, non è utilizzando il metodo dell’attacco che si otterrà qualcosa di diverso dal contrattacco.

Vuoi aver diritto di parola? Devi sapere cosa dire e come. Non è un’opinione personale, bensì un criterio logico. Di conseguenza, prima di urlare alla dittatura, prima di rendersi simili a un sistema politico che urla ma non spiega, impreca ma non realizza, propaganda ma non onora le promesse, sarebbe necessario e urgente ripensarsi come popolo, come collettività, e non più come tifosi di una squadra piuttosto che sostenitori di un partito politico. La situazione è grave ed è palese. Non elencherò i tanti errori che hanno generato, nel corso degli anni, e che continuano a generare danni a non finire all’economia nazionale. L’ho fatto molte volte e ritengo che la cittadinanza sia in grado, più o meno, di comprendere certi fatti.

Non so cosa accadrà di nuovo a partire da domattina, non so cosa cambierà a conti fatti dopo le elezioni europee. Se la memoria non m’inganna, nulla è mai cambiato in positivo per ciò che riguarda la condizione del popolo, a urne chiuse. La prima cosa che ogni singolo individuo deve metabolizzare come criterio essenziale è questa: non esistono salvatori della patria, in un sistema geopolitico che non ha alcuna intenzione di tornare ai tempi precedenti la crisi economica generata nel 2008.

Attenzione però: il caos epocale a cui stiamo assistendo, non deve far perdere di vista gli obiettivi primari. Non è lasciandosi andare all’esasperazione, alla rabbia, allo sconforto e rispondendo con la violenza verbale o atteggiamenti inconsueti in una società che vogliamo ritenere civile. Se è pur vero che questo periodo verrà ricordato come uno dei più caotici e critici della storia dell’umanità, non perseveriamo nel voler trasformare tutto in una Babilonia del terzo millennio. La soluzione alla crisi la troveremo contrastando questa china.

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