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Nigeria, Borno: 30.000 persone in gravi difficoltà

Nigeria, Borno: 30.000 persone in gravi difficoltà
Autore: Redazione Esteri
Data: 07/04/2019

Oltre 30.000 persone, costrette a fuggire verso la città di Monguno dopo i nuovi episodi di violenza scoppiati lo scorso dicembre nello stato di Borno in Nigeria, hanno urgente bisogno di rifugi, acqua, servizi sanitari, cibo, protezione, cure mediche e supporto psicologico, è l’allarme lanciato da Medici Senza Frontiere (MSF).  

 

I bisogni umanitari fondamentali delle persone non stanno trovando adeguata risposta ed è necessario maggior coordinamento tra governo locale, Nazioni Unite e organizzazioni non governative per aumentare gli aiuti nella città di Monguno ed evitare una situazione catastrofica con l’arrivo della stagione delle piogge in maggio. 

 

Da dieci anni gli abitanti dello stato di Borno si sono dovuti confrontare con violenza, sfruttamento ed insicurezza. Queste condizioni di vita precarie mettono a rischio la loro salute. Gli ultimi scontri hanno costretto ancora una volta decine di migliaia di persone a lasciare casa, campi e tutti i propri averi, lasciandole in gravi difficoltà. 

 

Tante persone appena arrivate a Monguno sono fuggite lasciando dietro di sé tutto quello che avevano” dichiara Musa Baba, responsabile MSF per gli affari umanitari. Vivevano in zone in cui potevano coltivare. Adesso sono costretti a dormire in strada o dovunque trovino un posto dove stare, affamati, assetati, esposti a temperature molto alte durante il giorno e basse nella notte.” 

 

Un grande problema a Monguno è la mancanza di terreni in cui costruire rifugi per i nuovi arrivati. Migliaia di sfollati non trovano spazio per una sistemazione e finiscono per dormire nelle strade della città per settimane, a volte mesi. MSF, insieme ad altre organizzazioni umanitarie, ha costruito rifugi in diversi campi ed ha ora la possibilità di accogliere più sfollati. Le equipe di MSF hanno allestito 100 tendoni e sono pronti a sistemare 700 rifugi aggiuntivi. 

 

La situazione attuale, con persone molto vulnerabili - donne, bambini ed anziani – costrette a vivere in strada piuttosto che in un campo o tra la comunità ospitante, aumenta il rischio di abusi e il loro bisogno di protezione” spiega Musa. 

 

Tra le donne del campo di Abbari c’è Hajja Bukar, 35 anni, arrivata a Monguno due mesi fa insieme ai suoi quattro bambini dopo due giorni di cammino. Questa non è la prima volta che lascia il suo villaggio a causa di violenti attacchi.  

 

La prima volta siamo rimasti qui per quattro mesi, poi siamo dovuti tornare a casa perché non avevamo niente. Siamo tornati per curare i nostri campi e raccogliere qualcosa da mangiare. Quando il nostro villaggio è stato attaccato alle 4 di mattina, le case sono state bruciate e molti sono morti mentre dormivano. Volevamo tornare per cercare di salvare le nostre cose, ma non è sicuro per noi. Abbiamo paura di andare nei campi perché i nostri uomini che sono tornati sono stati uccisi da Boko Haram”.  

 

Hajja ha perso il suo primo figlio durante un violento attacco al villaggio. Racconta di come sia morto per lo spavento: “Il rumore delle bombe e dei colpi erano continui, ci sono stati molti attacchi e tanti morti. Era così terrorizzato che ha iniziato ad avere palpitazioni, poi febbre, e alla fine è morto”.  

 

Oggi Hajja vive con i suoi quattro figli in un riparo di fortuna, fatto con rami e pezzi di stoffa, all’interno di un campo per sfollati. Insieme alle altre donne, sopravvive facendo lavori domestici, come lavare i piatti, in cambio di una somma di denaro. Gli uomini del campo vanno ogni tanto nel bosco per raccogliere la legna e venderla. 

 

Le condizioni precarie in cui vivono gli sfollati a Monguno, con scarso accesso a servizi igienici ed acqua potabile, aumentano il rischio di polmonite, diarrea, malaria ed altre malattie prevenibili. Con poche latrine disponibili, la maggior parte delle persone utilizza aree di defecazione all’aperto, che si allagano nelle stagioni delle piogge aggravando le condizioni igieniche e di salute. 

 

A Monguno, MSF gestisce un reparto d’emergenza con 10 posti letto per adulti all’interno di una struttura del Ministero della Salute locale e fornisce supporto psicologico. Dopo l’incendio accidentale dello scorso febbraio all’interno del campo Stadium per sfollati, dove erano rifugiate 850 famiglie, MSF ha distribuito 500 kits con beni di prima necessità, compresi tappetini, teli, coperte, taniche, attrezzature basilari da cucina e articoli per l’igiene. 

 




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