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DFS chiude il RomaEuropaFestival al Teatro Vascello

DFS chiude il RomaEuropaFestival al Teatro Vascello
Autore: Recensione della nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 27/11/2018

Il 23 e 24 Novembre il RomaEuropa Festival si chiude in bellezza con DFS di Cecilia Bengolea e François Chaignaud, un duo sorprendente e onirico. In un traverso di origini che partono dalla lontana Buenos Aires, fino alla francese Rennes, tra ritmo dalla religiosità ispirata del gregoriano, e il fluo jamaicano, in un rap sapientemente equilibrato ma intrinsecamente affollato di sensualità  e canto lirico.  I creatori di questo mix sono assolutamente geniali, lo spettacolo coinvolge e travolge in un’incandescenza senza freni, la Bengolea pienamente infarcita di sound system che diventa “altare e divinità guaritrice”. Conosciuta in Jamaica, la dance hall rappresenta espressività erotica ed espressionismo vituperante, libertà creazionista e comunità coinvolgente di deejay e cantanti uniti da uno spiritual acceso e fibrillante.

Da una formazione classica e ricchissima, Bengolea si perfeziona a Parigi e Montpellier, collabora con artisti di fama internazionale e si incontra ad incastro con Chaignaud che consegue il diploma presso il Conservatorio nazionale di Danza di Parigi, ma poi sdogana le regole rigide del classico per immergersi, spinto da curiosità, nel mondo delle drag queen con la storica Rumi Missabu, dei Cockettes, il performer di Cabaret Girolamo Marino e stilisti e artisti visivi che lo hanno condizionato nella sua visione futura e futurista, spingendolo a creare spettacoli originali e fuori schema. Eclettici e insubordinati cuciono insieme danza e musica, come nella migliore delle tradizioni fin dal XII secolo, quando il canto si mostra versatile e addomesticato per modulare il corpo alla leggerezza, alla florescenza di forme e movimenti in libertà, scardinati dai preconcetti per librarsi eterni in un cielo stellato, colori e luci fusi come radici e terra, perché la danza sia vera espressione dell’uomo, come installazione ed emanazione diretta di un’umanità intrisa di passione ed evocazione.

Come in un grande santuario l’uomo non è più costretto dalle catene del visibile, e la danza si trasforma in un’immensa e coreografica pratica spirituale. Detestano le imposizioni e per questo nella dance hall le scarpette non sono più strumento solo per ballare nella costrizione del piede ma divengono funzione e forma sostanziale, il corpo si scatena in qualcosa di travolgente che scoordina le linee guida conosciute finora, l’impressionismo e la sfumatura prendono il posto del rigido tracciato classico, oltre il quale il corpo prende forma e si contorce fino allo spasimo. La libertà che vibra sul palcoscenico arriva fino allo spettatore ma anche attore di una performance che va oltre qualsiasi etichetta standard. E’ arte pura che prende vita e si trasforma senza paradigmi ma solo fede nelle possibilità umane, così immense eppure ignote che solo attraverso di essa possono realizzarsi e vincere. 




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