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Cambiamenti climatici: nel Mediterraneo gli effetti maggiori

Cambiamenti climatici: nel Mediterraneo gli effetti maggiori
Autore: Intervista di Florian Bardou all?ecologo Wolfagang
Data: 05/11/2018

Il cambiamento climatico è molto vicino a casa tua. Pubblicato lo scorso 22 novembre su “Nature Climate Change”, un nuovo studio internazionale sintetizza le conseguenze del riscaldamento delle temperature terrestri che già comunque si conoscono nel bacino mediterraneo.

Siccità e ondate di calore più frequenti, erosione della biodiversità marina, calo della produttività agricola, recrudescenza delle malattie infettive dovute alle zanzare, etc.: i Paesi di questa regione sono (e saranno) sempre più toccati dagli effetti a cascata della deregolamentazione climatica, in particolare i Paesi più vulnerabili, al Sud.

Direttore delle ricerche all’Istituto mediterraneo della biodiversità e dell’ecologia marina e continentale (IMBE) di Aix-en-Province, l’ecologo Wolfagang Cramer, uno degli autori dello studio, ne riassume le conclusioni.

D. Quali sono le principali conseguenze del riscaldamento climatico osservato nello spazio mediterraneo.
R.
 Il bacino mediterraneo si riscalda più velocemente dell’insieme del Pianeta. La temperatura media annuale è già aumentata di 1,4 gradi in rapporto alle temperature pre-industriali, rispetto agli 1,1 gradi della media a livello globale. Questo riscaldamento produce già delle conseguenze. La canicola del 2003 è stata, per esempio, un momento chiave in Europa, con migliaia di morti. In seguito, le canicole e le siccità si sono moltiplicate intorno al Mediterraneo. Sotto l’effetto del riscaldamento, si osservano anche dal 1999 delle canicole in mare con un tasso di mortalità molto alto di organismi come il corallo rosso, le spugne, le cernie e le murene. Dei pesci e dei crostacei di acque calde colonizzano alcune regioni dove prima invece non c’erano. Con l’aumento della temperatura in mare, le tempeste sono diventate più violente. Gli “eventi mediterranei” conosciuti nella regione, come le recenti inondazioni nella regione francese dell’Aude, rischiano di crescere di intensità grazie al cambiamento climatico.

D. Nel suo studio, lei descrive le conseguenze molto esplicite del cambiamento climatico per la salute umana. Fino ad oggi questi aspetti sono stati sottovalutati?
R. 
Penso che questi rischi siano stati molto sottovalutati. Si nota che le canicole toccano molte persone, e soprattutto le più vulnerabili come quelle anziane, ma anche le più povere, che accedono con difficoltà ai servizi sanitari. A livello globale, il numero di persone colpite da queste ondate di calore sono in crescita col riscaldamento del clima, nei Paesi mediterranei come altrove. La probabilità che le malattie infettive delle zone calde, come il virus del Nilo, la dengue o la chikungunya, si espandano al nord del Mediterraneo è sempre maggiore. Questa espansione rappresenta un cambiamento per i sistemi sanitari in tutti i Paesi coinvolti. E’ importante notare che molte misure che migliorano la salute pubblica, come la riduzione dell’inquinamento prodotto dai trasporti, possono anche aiutare per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.

D. Cosa si può fare per “adattarsi” a questi rischi?
R. 
L’adattamento si manifesta ovunque e per sempre. La questione che si pone oggi, è di sapere fino a dove ci si può adattare, perché i cambiamenti diventano troppo importanti. Per alcune regioni, non si può regolare il problema della crescita del livello del mare attraverso la costruzione di dighe. Ad un certo punto, l’adattamento non è più possibile o diventa troppo costoso. Il settore agricolo può adattarsi irrigando in maniera efficace o cambiando il tipo di colture, ma fino a che punto? Se non c’è più acqua, l’irrigazione diventa troppo costosa o impossibile. Una cosa è sicura, bisogna decarbonizzare tutte le attività umane per attenuare i rischi climatici. Anche per questo esistono delle opportuntà nella regione, per esempio attraverso dei metodi agricoli come l’agroecologia che può contribuire allo stockaggio del carbone nel suolo.

D. Lei sottolinea inoltre la mancanza di dati scientifici nelle aree più vulnerabili della regione…
R.
 Il bacino mediterraneo è una zona divisa tra Paesi sviluppati e Paesi sottosviluppati. Quando si fanno ricerche nella letteratura scientifica per stimare i rischi, si trovano che ci sono più pubblicazioni al Nord che non al Sud, e questo crea problemi per la comprensione delle specificità locali del cambiamento climatico. Per rimediarvi, bisognerebbe che l’Europa sostenga meglio i Paesi del Sud perché producano conoscenze. La collaborazione scientifica tra ricercatori dei Paesi delle due sponde del Mediterraneo è un buon percorso in merito.





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